In una società opulenta come la nostra il cibo non è solo alimento, ma assume valenze e significati che spesso vanno al di là del puro bisogno di nutrimento.
Abbuffarsi, ovvero mangiare grandi quantità di cibo e con ingordigia, è un comportamento purtroppo comune e, se reiterato, si struttura come vero e proprio disordine alimentare.
Paradossalmente questo comportamento può nascere come un effetto dell’eccessivo controllo sul cibo, oppure diventare uno stile di comportamento e perfino farsi strategia di fronteggiamento delle difficoltà della vita. Vediamo in dettaglio:

TENTATIVO DI CONTROLLO CON EFFETTO PARADOSSO

“Come mai il pitone mangia una grande preda?”
“Perché prima ha digiunato tanto!”

Questo è il tipico meccanismo di chi si abbuffa dopo un periodo di rigido controllo alimentare, che va dalla restrizione della quantità e della qualità del cibo, fino all’astinenza attraverso il digiuno.
Ciò che conduce all’abbuffata è proprio il tentativo di mantenere per un lungo periodo un’alimentazione basata sul divieto che, contemporaneamente, induce e amplifica il desiderio verso ciò che ci si impone di evitare. Come un effetto molla, forza nella direzione opposta: alla prima occasione utile, la persona, incapace di vivere nella grigia ristrettezza alimentare, trasgredirà, abbandonandosi alla soddisfazione dei cibi più “pericolosi” attraverso l’abbuffata.
Questo effetto paradosso è uno dei principali meccanismi che spiegano come mai la maggior parte delle diete falliscono. Esse, basandosi su un’idea di controllo razionale del cibo, tralasciano la valenza più viscerale e sociale legata al mangiare, ovvero quella del piacere, per cui meno me lo concedo, più lo anelo.

COME EVITARE L’EFFETTO PARADOSSO?

“Il divieto non significa necessariamente astensione,
ma la pratica sotto forma di trasgressione”
Epicuro

Evitare regimi alimentari troppo restrittivi sia in termini di qualità che di quantità, accogliendo l’idea che ogni pasto dovrebbe soddisfare la parte nutritiva ma anche l’aspetto di godimento connesso al mangiare, concedendosi piccole trasgressioni piacevoli all’interno di ogni pasto. Se tollero la piccola perdita di controllo questa rimarrà tale e verrà dolcemente assimilata in un equilibrio stabile.

PERDITA DEL CONTROLLO

“Il piacere è come certe droghe medicinali:
per ottenere lo stesso risultato bisogna raddoppiare la dose”
H. de Balzac

Rientrano in questo meccanismo le persone che, spesso dopo tentativi fallimentari di controllo sul cibo, smettono di combattere e si lasciano completamente travolgere dal mangiare con ingordigia, convincendosi pian piano che vada bene così. Non esistono più divieti, ogni desiderio viene soddisfatto, con il risultato che il peso aumenta inesorabilmente e la salute si compromette. Nei casi più estremi le persone travolte da questo meccanismo negano il problema continuando a mangiare con apparente godimento, finché i disturbi fisici legati all’obesità diventano un’urgenza da non sottovalutare. L’atteggiamento permissivo nei confronti del cibo può riflettersi in uno stile di generale disregolazione anche su altri aspetti della vita, che va ad intaccare risorse, progettualità e il senso di auto-efficiacia della persona.

COME EVITARE LA PERDITA DI CONTROLLO?

“L’attesa del piacere è essa stessa il piacere”
G.E. Lessing

Valutare quando mangiare diventa un atto inevitabile, irrefrenabile e che non riesco a controllare. Evitare di mangiare fuori dai tre pasti principali è una buona strategia, non solo per mantenere il peso-forma ma anche per prevenire il lassismo alimentare. Saper desiderare e attendere, evitando le gratificazioni immediate, fortifica la propria capacità di autocontrollo, non solo sul cibo. Solo ciò che è guadagnato con attesa e sforzo assume valore e può essere goduto appieno.

IL CIBO COME RIFUGIO

“Mangiare è uno dei quattro scopi della vita…
Quali siano gli altri tre, nessuno lo ha mai saputo”
Proverbio Cinese

A chi non è capitato di ricorrere al cibo in un momento di sconforto, dolore o tristezza? Può però accadere che questa modalità diventi ridondante e si strutturi come stile di coping, ovvero di fronteggiamento di difficoltà e problemi: appartengono a questa categoria persone, solitamente in sovrappeso, che usano il cibo per riempire un vuoto di altro tipo, nell’incapacità di gestire la propria emotività e le relazioni con gli altri. Mangiare diventa una consolazione, un rifugio sicuro dalle insoddisfazioni e frustrazioni della vita dove il grasso funge da protezione relazionale. Solitamente sono persone che mangiano in maniera irregolare tutto il giorno o che sono costantemente a dieta; difficilmente riescono a mantenere il peso-forma privandosi della loro “corazza lipidica”, poiché nel dimagrire si esporrebbero agli effetti pericolosi dell’essere desiderabili. Così ricominciano a mangiare per proteggersi.

COME EVITARE DI RIFUGIARSI NEL CIBO?

“Che strana cosa il piacere e il dolore;
sembra che ognuno di loro segua sempre il suo contrario
e che tutti e due non vogliano mai trovarsi nella stessa persona”
Socrate

Insieme al mantenimento della regola dei tre pasti, è necessario accostare dei momenti di espressione e canalizzazione della propria emotività in modo che questa non venga “gestita” col ricorso al cibo. L’espressione di sé attraverso la scrittura è una modalità utile ed efficace in questi casi.


Consigli di lettura:
G. Nardone, L. Speciani “Mangia, muoviti, ama”, Ponte alle Grazie, 2015
L. Bergami et al “Dieta o non dieta”, Ponte alle Grazie, 2014
G. Nardone “La dieta paradossale”, Ponte alle Grazie, 2007
J. W. Pennebaker “Scrivi cosa ti dice il cuore”, Erickson, 2004